Che cosa fa di noi una Comunità? L’omelia di don Giulio Zanotto nella messa della Festa della Comunità

La Festa della Comunità è un bel momento per ritrovarsi, per stare insieme nella gratuità, per ripensare la nostra Comunità cristiana. Ci sono già stati dei bei momenti: giovedì sera con i volontari, venerdì con gli adolescenti, sabato con i ragazzi e oggi, tutti insieme per la messa e poi per dei momenti di fraternità…

Confesso che in questi giorni mi sono chiesto che senso ha fare la festa della Comunità… C’è ancora una Comunità? oppure siamo una semplice somma di individualità (persone e gruppi) che sono vicine ma che fanno fatica a camminare insieme, a condividere qualcosa di profondo? Quando c’è una proposta di riflessione, di preghiera, di fraternità… per la Comunità: chi di fatto si sente coinvolto? Questo era un problema presente già ai tempi di Gesù e della prima comunità cristiana. Credo si riferisse a questo Gesù, quando raccontò la parabola dei ragazzi nella piazza dove a un certo momento si lamentano dicendo: “Abbiamo suonato un canto di gioia e non avete ballato, abbiamo cantato un lamento e non avete pianto”. Oppure, nell’altra parabola delle nozze dove gli invitati a uno a uno si scusano dicendo: “Ho comprato un campo e devo andare a vederlo; ti prego di scusarmi”. Un altro: “Ho comprato cinque paia di buoi e vado a provarli; ti prego di scusarmi”. Un altro ancora: “Mi sono appena sposato e perciò non posso venire”.

Che cosa significa essere Comunità? Non possiamo pensare che la mentalità individualistica nella quale viviamo e che ci penetra da ogni parte, non possa condizionare anche il nostro essere Comunità cristiana mettendola in serio rischio, in grave pericolo…

Credo che queste domande sul nostro essere Comunità siano domande scomode, ma legittime. Forse però non sono le domande giuste o forse le risposte a quelle domande sono diverse da quelle che ci aspetteremmo… è come i discepoli che chiedono a Gesù: “E’ questo il momento nel quale ricostruirai il regno per Israele?”. E Gesù risponde loro: “Non spetta a voi conoscere i tempi e i momenti che il Padre ha riservato al suo potere, ma riceverete la forza dello Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e Samaria e fino ai confini della terra”.

Allora, che cosa fa di noi una Comunità?

  • Innanzitutto la promessa di Gesù: “Io sarò con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”. La presenza di Gesù, la nostra relazione personale e comunitaria con lui, fa di noi una Comunità. Non è la nostra simpatia reciproca, non sono le nostre qualità, la comunione dei nostri interessi, l’avere un obiettivo comune come fare del bene, non sono neppure le nostre gloriose tradizione e il nostro essere influenti sulle opinioni generali… è Gesù che fa di noi una Comunità. Ripartiamo da Gesù, ripartiamo dal centro, dal cuore. Non pensiamo che stare con Gesù sia tempo perso, sia inutile, sia insignificante. Il Gesù della Parola, il Gesù dell’Eucarestia: questa è la sorgente viva, fresca della nostra Comunità.
  • Fa di noi una Comunità la missione che Gesù ci ha affidato: evangelizzare, battezzare, insegnare ad amare. È stupefacente questo: la Comunità a cui Gesù confida la “sua” missione è un gruppo sgangherato di persone. Sono in 11 e non in 12! Sono dubbiosi e paurosi… sono radicalmente imperfetti. A queste persone Gesù affida un compito immane e, accogliendo e vivendo questa missione, quel gruppo di persone diventa Comunità. Non aspettano di essere perfetti per mettersi in gioco, ma mettendosi in gioco – coscienti delle proprie incoerenze, debolezze, peccati – scoprono che Gesù li accompagna, dà loro forza, li rende veri. Questa dinamica si ripete da 2000 anni, si ripete anche con noi oggi. La nostra Comunità avrà sempre un fratello giovane, ribelle che se ne andrà lontano da casa e avrà sempre un fratello maggiore sempre imbronciato, che non si sente abbastanza valorizzato e con testardaggine rimarrà fuori… ma è a questa nostra Comunità che oggi Gesù affida la sua missione e, vivendo in qualche modo questa missione, noi costruiamo il nostro essere Comunità.
  • Siamo Comunità non stando tra di noi, non serrando le fila perché siamo sempre meno, più deboli e più fragili, ma siamo Comunità abitando il mondo, uscendo dal recinto e giocandoci là dove c’è l’umanità. Gesù spinge i suoi fuori da Gerusalemme la città santa, fuori dalla Giudea, il regno degli eletti, Gesù spinge i suoi verso la Samaria, il popolo degli eretici, verso la Galilea, la terra del commercio e della contaminazione etnica e culturale, verso le nazioni, là dove si adorano altri idoli. Nel mondo la Comunità vive e incontra il Signore: nel volto di ogni fratello e sorella, in modo particolare nel povero e nel sofferente, in quello che non conta ed è emarginato. Nel Gesù incontrato nel fratello e nella sorella si verifica e si sperimenta la Verità della Parola e dell’Eucarestia. Per essere nel mondo, come Gesù, dobbiamo scendere e spogliarci, altrimenti questo mondo abitato da Gesù lo vedremo sempre da fuori, non lo incontreremo mai.

Forse per costruire la Comunità c’è un atteggiamento di fondo necessario che dobbiamo maturare: la gratuità. La gratuità è la cifra di Gesù, è la perfezione di Dio Padre. Solo per misericordia, con un amore libero, gratuito, assoluto, Dio ci ha amato, ci ha dato la vita e ci ha unito a sé. Costruire la Comunità per qualche interesse, anche un nobile interesse, porterà la Comunità ad esaurire la sua fecondità e capacità generativa. Questo lo impariamo dalle nostre famiglie, dalle nostre amicizie: se non c’è gratuità, se non ci si vuol bene semplicemente perché è bello amarsi, i nostri legami si sfilacciano, gli altri ci diventano non necessari, se non insignificanti. Abbiamo bisogno di gratuità nel nostro stare con il Signore, abbiamo bisogno di gratuità nel nostro essere a servizio degli altri, abbiamo bisogno di gratuità nel nostro stare insieme per costruire fraternità.


Condividi questo articolo